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La dialettica interna al CIG su una proposta del gruppo di lavoro 'assistenza e previdenza': le molte anime dell'Ente

di Anna Barracco, pubblicato il 20/02/2007, fonte Simposio, Anno 3, numero 1, marzo 2007

tag: enpap, elezioni, cig, cda, cassa assistenza

Rispetto alle precedenti gestioni, oggi l'ENPAP può vantare una netta ripresa del trend degli investimenti. La nuova formula 'core-satellite' sta dando i suoi buoni risultati. Nell'ultimo anno, le performance dell'ENPAP sono state le migliori, rispetto a quelle di tutte le casse 'sorelle' (cioè quelle nate, come la nostra, con il Decreto Legislativo 103 del 1996).

A 10 anni dall'istituzione delle nuove casse, inoltre, si è aperta la riflessione e la contrattazione con il Governo sulla necessità di ritoccare il sistema, accentuandone l'autonomia. Le casse del 103 hanno chiesto forte e chiaro al Governo di avere maggiori margini di manovra per poter ridistribuire sulle posizioni individuali degli iscritti le eccedenze che si accumulano nel fondo di Riserva.

Infatti se gli investimenti vanno bene, (come peraltro dovrebbero sempre andare, dal momento che da questo dipendono, in ultima istanza, i destini pensionistici degli iscritti, essendo le nostre casse a capitalizzazione pura), e se l'Ente riesce a contenere le spese di gestione, dai fondi che versiamo come contributo integrativo, possono derivare ingenti risorse da spalmare sui conti individuali degli iscritti.

Sulla base di queste considerazioni il gruppo di lavoro 'previdenza e assistenza' del CIG ha proposto, non all'unanimità, ma a maggioranza, l'ipotesi di raddoppiare il contributo integrativo (portandolo dal 2% al 4%) e di spalmare poi le risorse su tutti i conti degli iscritti (escludendo solo i Colleghi che non raggiungono almeno i 20 anni di versamenti all'ENPAP, quando vanno in pensione a 65 anni). Sulla base di un calcolo molto accurato, che agganciava la contribuzione media annua degli iscritti ad un rapporto matematico fra popolazione attiva e pensionati, il gruppo di lavoro, con la consulenza di un luminare delle tecniche attuariali, aveva calcolato che su tutte le posizioni si sarebbero potuti spalmare 150 euro al mese in più, per 13 mensilità, portando in pratica anche le pensioni più basse almeno al minimo della pensione sociale. Questo, in base ad un coefficiente variabile, che avrebbe garantito la stabilità e la sostenibilità nel tempo di questo meccanismo.

La proposta tuttavia non è passata, perché le componenti libero professionali hanno criticato fortemente la dimensione assistenzialistica di un provvedimento del genere, pensato un po' come adeguamento 'a pioggia'. Attualmente, l'ENPAP non ha informazioni attendibili su quali siano le posizioni pensionistiche degli iscritti. E' vero che la contribuzione media è molto bassa, ma è anche vero che molti Colleghi sono pubblici dipendenti e pertanto godono di altre forme di trattamento pensionistico, mentre ciò che versano all'ENPAP è assolutamente accessorio. Un dato di fatto è che il 40% degli iscritti non ha mai dichiarato all'Ente se, oltre all'ENPAP, gode di altro trattamento pensionistico, cioè se oltre all'ENPAP è iscritto ad altre Casse.

I gruppi eletti nelle liste che rappresentano la libera professione, in sostanza, hanno cercato di sottolineare che un aumento dal 2 al 4% del contributo integrativo , che comunque finisce per pesare sulle tasche dei Colleghi, specie quando sono liberi professionisti con committenti privati, è comunque un provvedimento oneroso e andava caso mai subordinato ad un quadro più chiaro e completo delle posizioni previdenziali degli iscritti. Il gruppo proponente, invece, non ha voluto accogliere la proposta di inserire nell'articolato che questo adeguamento delle posizioni individuali sarebbe stato di norma attribuito ai soli liberi professionisti, ovvero a chi ha nell'ENPAP l'unico riferimento pensionistico.

I gruppi libero-professioniali (MoPI e Cultura e professione) si sarebbero accontentati che nella delibera si dicesse che il contributo sarebbe stato attribuito di norma ai liberi professionisti che hanno nell'ENPAP l'unico riferimento previdenziale, pur permettendo che il richiamo ad un regolamento potesse valutare le singole fattispecie. Ma questo non è stato accettato, sempre per motivi ideologici: il gruppo AUPI (proponente) sottolineava che il contributo andava dato a tutti, e non solo ai 'ricchi' liberi professionisti, con ciò esprimendo un conflitto di fondo, strutturale, nell'Ente. Da una parte i pubblici dipendenti, che spesso versano molto poco alla Cassa ma che certo non vedono in questa che una risorsa accessoria, e ciononostante da anni ne determinano le politiche; dall'altra i liberi professionisti, che certo sono variegati in termini di capacità contributiva, ma la cui grande massa è fatta di giovani che hanno redditi medio bassi e che faticano a decollare. Fare chiarezza fra queste due componenti, definendo bene come e a chi destinare politiche di adeguamento e di solidarietà, deve poter partire dal riconoscimento di queste due 'anime' dell'Ente. E' ciò che peraltro si evince anche dalla lettera di Cultura e Professione. Il fatto che la proposta del gruppo di lavoro sia sparita dalla delibera, è, dal mio punto di vista, un fallimento politico. Le ideologie hanno avuto la meglio su una proposta che, con i dovuti aggiustamenti e con gli opportuni approfondimenti, era davvero ben congegnata. Tuttavia il dibattito suscitato dal gruppo di lavoro ha permesso finalmente di considerare non più procrastinabile la riflessione sulle componenti dell'Ente. Fino al 2016, peraltro, anno in cui cominceranno ad andare in pensione Colleghi con almeno 20 anni di contribuzione all'ENPAP, soluzioni come quella abbozzata dal Gruppo di lavoro, potranno essere prese in considerazione, nel rispetto, però, di una logica che voglia dare magari di più a chi ha bisogno, e non rischiare di far piovere sul bagnato, rimpinguando posizioni di Colleghi ai quali, forse, è anche sbagliato richiedere obbligatoriamente l'iscrizione all'ENPAP.



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