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La Cassazione smentisce il codice deontologico degli psicologi italiani (sulla libertà di insegnamento e non solo)

a cura di Rolando Ciofi, pubblicata il 10/04/2014

tag: codice deontologico, psicologi, cnop, ordine lazio, libertà insegnamento, didattica

La Cassazione smentisce il codice deontologico degli psicologi italiani (sulla libertà di insegnamento e non solo)Questi i fatti: nel 2005 un noto collega iscritto all'Ordine degli Psicologi del Lazio si proponeva come relatore in conferenze pubbliche che venivano pubblicizzate attraverso manifesti che testualmente recitavano: "1. L'ipnosi che ti fa guarire senza dieta. Ansia, paure, fame nervosa, disturbi alimentari, smettere di fumare" e "2. Regressione per conoscere la causa dei tuoi problemi. Smettere di fumare, disturbi alimentari, dimagrire, autocontrollo".

Nel 2009 il Consiglio dell'Ordine degli Psicologi del Lazio comminava sei mesi di sospensione al collega per aver violato gli art. 2 (dignità decoro e corretto esercizio della professione), 5 (mancanza di autorizzazione all'esercizio della psicoterapia, suscitare aspettative infondate), 7 (fornire informazioni non attendibili), 8 (avallo di attività abusive), 38 (ancora dignità e decoro) e 40 (procacciamento scorretto di clientela) del codice deontologico degli psicologi italiani.

Il collega in questione ricorreva, ma il Tribunale di Roma, nel 2010, confermava il provvedimento del Consiglio dell'Ordine.

Il collega ricorreva allora in appello e la Corte d'appello di Roma, nel 2012, accoglieva il reclamo e conseguentemente annullava le sanzioni e condannava il Consiglio dell'Ordine degli psicologi del Lazio al pagamento delle spese processuali. Riteneva la Corte romana che i manifesti in questione "non realizzavano una pubblicità ingannevole in violazione delle norme deontologiche".

Il Consiglio dell'Ordine ricorreva a questo punto in Cassazione e nel settembre del 2013, con sentenza n° 3904/2013, la Cassazione dava definitivamente ragione al Collega e condannava l'Ordine al pagamento di tutte le spese. Questa l'essenza della motivazione:

Pertanto, la lettura logica e ponderata dei manifesti oggetto della controversia non solo non consentiva di identificare alcuna pubblicità ingannevole, ma induceva a ritenere, come ha ritenuto la Corte romana, che gli stessi sponsorizzavano una attività didattica, come tale tutelabile dall'art. 21 della costituzione.

Personalmente credo che il Giudice di Cassazione abbia scritto "attività didattica" ma avesse in mente "attività divulgativa", da qui il richiamo all'art. 21 della costituzione (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione) anziché all'art 33 (L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento).

Ma non è questo il punto. Ciò che mi preme sottolineare è che quando si arriva in Cassazione, anche in casi come questo, oggettivamente complessi, i principi di fondo (libertà di pensiero, libertà di insegnamento) prevalgono rispetto alla tutela delle norme deontologiche delle singole corporazioni.

Dopo questa sentenza gli psicologi che insegnano nelle scuole di counseling o che in qualche misura temono gli effetti dell'articolo 21 del codice deontologico, possono dormire sonni più tranquilli.



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